Monthly Archives: September 2013

Pasta coi froci

Chiunque abbia mai ascoltato per una decina di minuti La Zanzara – e io, cosciente che ne risponderò prima o poi  di fronte a Dio o chi per lui*, sono tra questi – sa benissimo come funziona la trasmissione di Radio24.
Ogni puntata è sostanzialmente divisa in:
– Cruciani che tenta di mostrare quanto non è perbenista, guardami per favore, non sono perbenista
– Cruciani accomodante col potente di turno in collegamento
– Cruciani un po’ (ma non troppo) irriverente nei confronti del potente di turno non in collegamento
– Cruciani che tratta male chi ha un reddito inferiore al suo
– Cruciani che in maniera neanche troppo sottile tenta di montare un caso sul nulla.

All’ultimo punto deve la propria fama La Zanzara.
Cruciani, eroe del giornalismo cialtrone, dotato di superpoteri come far apparire Parenzo una persona gradevole e rimandare all’infinito un necessario shampoo, passa buona parte delle interviste ai personaggi pubblici meno smaliziati tentando di fargli dire qualcosa di controverso, affinché il giorno dopo si parli di lui e Gramellini non debba cercarsi un lavoro.

“Ma scusi, sta dicendo [qualcosa di scandaloso]?”
“…”
“Perché non dice  [qualcosa di scandaloso]?”
“…”
“Ma lei pensa che  [qualcosa di scandaloso]?”
“…”
“Facciamo che io dico  [qualcosa di scandaloso] e lei annuisce o mi fa un silenzio/assenso?”

e i più stupidi – chi ha detto Borghezio? – ci cascano.

Non è nemmeno il caso di Guido Barilla. Il presidente dell’omonima multinazionale ha semplicemente detto che non faranno spot utilizzando come testimonial famiglie composte da coppie gay.
E chi cazzo se ne frega?
E perché dovrebbe fare il contrario?

Gran parte della gente con cui abbiamo a che fare ogni giorno pensa, nella migliore delle ipotesi, che “i gay in camera loro possono fare quello che vogliono“, però che schifo i froci che si baciano in pubblico, che catastrofe i finocchi che si sposano.
Per Dio! Va bene tutto ma i bambini stiamo scherzando!?**

Se fossi il Presidente della Barilla non vedrei l’ora, di fronte a tanta gente dalle vedute così aperte, di associare al mio marchio lo slogan non ufficiale “la pasta dei froci”. E se qualcuno pensa che una multinazionale che vende tagliatelle debba farsi carico di una battaglia culturale necessaria, beh, spero abbia trovato dove parcheggiare il suo unicorno.
A parte che da un punto di vista semiotico associare un prodotto come la pasta alla famiglia modello Mulino Bianco – la quale, pur non essendo mai esistita, sa tanto di “di una volta” – è la cosa più ovvia (e per un pubblicitario comprensibilmente giusta), da quando le teste di cazzo hanno smesso di essere una fetta rilevante del mercato?
E, guarda un po’, la Mulino Bianco appartiene a Barilla.

Però dai, continuiamo a protestare:
yo
* spero che questo qualcuno sia meno vendicativo di Dio o che almeno ne segua l’esempio non esistendo.
** perché è chiaro che l’opinione personale che ci si è formati al bar tra uno spritz e una partita a scala 40 è più importante della ricerca scientifica.

CL, Cocoricò e Liberazione

Tempo fa, direi più o meno “nei giorni in cui a Rimini c’è stato il Meeting di CL ma non ho voglia di googlare che giorni fossero”, sono stato a fare un giro (sorpresona!) al Meeting di CL.
L’idea era grossomodo quella di immergersi nel fatato mondo del lobbismo cattolico e magari tirarne fuori un post a riguardo, poi qualcuno l’ha fatto prima di me e meglio di come l’avrei fatto io e allora vaffanculo il post sul Meeting.

Stanotte però, mentre tenevo compagnia alla mia insonnia, mi sono messo a riordinare le foto nel telefono, e allora dai.
Ecco ciò che, anche se avete letto l’articolo testé linkato, forse ancora non sapete.

Al Meeting un coca e rum costa sei euro e settanta, SEI EURO E SETTANTA, quindi credo si piazzi secondo nella classifica “posti nei quali ho pagato troppo un cazzo di coca e rum”, subito dietro al Cocoricò (10 euro), con la differenza che, se non altro, nella nota discoteca riccionese si può facilmente trovare dell’mdma con cui accompagnarlo, e non solo delle tartine fatte con cracker confezionati e alici marinate (bellina anche l’idea di farsi addomesticare, ripresa da Il Piccolo Principe, lì nella maglietta).


Ma vabbè, facciamo che ci può stare perché al Meeting l’ingresso è gratuito e al Cocoricò no. Il problema grosso è che prima ti battono lo scontrino per il coca e rum e poi al bar manca il rum, così ti tocca ripiegare su qualche cazzata col gin.
Più onesti i prezzi della birra. Menzione d’onore per i sottobicchieri:


Però anche al Metting, seppur in edizione più spartana di quella del Cocoricò, c’è la piramide.

Al Meeting è anche possibile incontrare giovani volontari disponibilissimi a discutere, pur senza comprenderli, i ragionevolissimi dubbi dei miei amici sulle incoerenze del movimento e del suo incontro annuale .

Alla fine, per liberarsi di noi, hanno deciso di regalarci il libricino guida dell’evento (costo: 1 euro).

Quando si è finiti a parlare di Formigoni, uno di loro ci ha orgogliosamente confessato che nell’edizione precedente un suo amico ha avuto l’onore di servire da bere all’ex governatore lombardo riciclatosi senatore. Bei tempi, Formy.

Alla kermesse ciellina è anche possibile acquistare magliette in cui con un tocco di internazionalità si ricorda che la famiglia è vita, a patto ovviamente che i genitori riescano ad incastrarsi tra loro anche stando uno di fronte all’altro e senza bisogno del sesso orale.


Oppure altre nelle quali G.K. Chesteron, prendendosi una pausa dai suoi libri su Padre Brown (prete/detective, quindi precursore di Don Tonino), si occupa di massacrare la logica dimenticando colpevolmente di aggiungere “gnegnegne”.

A un certo punto ho ricevuto anche una specie di confuso volantino antiabortista di cui avrei voluto parlarvi, ma devo averlo smarrito oppure usato, insieme a un pallone da rugby e un Magnum Mandorle, per praticare un aborto clandestino in coppia con Emma Bonino, non ricordo.

Sono inoltre presenti gli stand del Grana Padana (il formaggio preferito di Gesù), dei Carrera (i jeans preferiti di Gesù), Pumoqualcosa (i puzzle preferiti da Gesù) e di altre decine di marchi che non ho avuto voglia di fotografare ma evidentemente piacevano tanto a quel maiale consumista del figlio di Dio.

Chi si distingue è Avvenire che, nonostante abbia uno spazio infinitamente più piccolo di quello riservato a Lotto e Superenalotto (Gesù i primi trent’anni stava al tabacchi), non ha paura di dissarli dalla propria bacheca elettronica.


Purtroppo non si registrano drive-by.

Il servizio d’ordine è abbastanza leggero, a parte l’alto numero di divise all’ingresso o al seguito di ministri e altre personalità che vengono a baciare il culo alla mafietta fondata da Don Giussani, quindi credo che nei bagni sia possibile dedicarsi ad attività ricreative come spacciare o ridurre un ciellino in fin di vita prendendolo a calci mentre piscia, per poi allontanarsi senza dare troppo nell’occhio, ma non mi sembra un buon motivo per farlo. Giuro.

E poi c’è anche Magic Voice.


Mi sa che torno anche anno prossimo.

La tragedia di un cittadino™ ridicolo

Si potrebbe pensare che, se il Movimento 5 Stelle avesse un minimo di decenza, il cittadino™ Paolo Bernini verrebbe tenuto al riparo da telecamere e soprattutto microfoni. Ci si aspetterebbe che, al momento della presentazione di un intervento di Bernini, qualcuno gli dicesse “purtroppo la scaletta degli interventi è piena” o “purtroppo quell’argomento lo sta già trattando qualcun altro” o “mettitelo nel culo il tuo intervento, Paolo”.

E invece no, perché Bernini ha un suo ruolo.

Una cosa che si sente dire spesso è che gli italiani sarebbero meglio di chi li rappresenta, ed è un’affermazione palesemente falsa. Un parlamento con un alto numero – non tutti – di cialtroni, evasori, opportunisti e delinquenti di vario genere sembrava lo specchio piuttosto fedele di un popolo con un alto numero – non tutti – di cialtroni, evasori, opportunisti e delinquenti di vario genere.
Era ancora inesatto. Quella parte di paese che possiamo identificare come “poveri rincoglioniti” non era degnamente rappresentata, quindi è nato il Movimento 5 Stelle e si è subito affermato sopra il 25%.
Ma i poveri rincoglioniti sono una gamma piuttosto ampia, in cima alla quale si erge statuaria la categoria dei complottisti (o complottari), i rincoglioniti che, non potendo uscire per paura dalle scie chimiche, se ne stanno in casa a farsi pigliare giustamente per il culo da Protesi di Complotto e a copiaincollare ai propri contatti facebook le cazzate che trovano su siti abbandonati dalla scienza ufficiale e dagli web-designer.

Poiché i requisiti necessari per votare sono grossomodo “essere stati in grado di respirare e nutrirsi per 18 anni consecutivi” è giusto che i complottari che hanno tagliato questo traguardo – sospetto che una buona parte di essi si sia strozzata col cibo a pochi passi dall’arrivo – abbiano il loro Paolo Bernini.
D’altronde l’abbiamo tutti un amico o un conoscente che crede ai chip sottopelle in grado di controllare il cervello, che ha iniziato a interessarsi di “politica” per colpa di vedendo quella puttanata di Zeitgeist e che sbandiera sicumera riguardo teorie cospirazioniste sull’11 settembre. Certo, poi il vostro amico/conoscente non fa il parlamentare né va a fare il coglione fuori dalla tre giorni del gruppo Bildeberg con quell’altro genio di Sibilia. E sapete perché? Perché ci va Bernini, che lo rappresenta. Se invece non conoscete nessuno così è perché probabilmente vi sarebbe toccato uno di quelli che si è strozzato col cibo e, fortunatamente, l’ha fatto prima che lo incontraste.

Video: nella cameretta in cui ha scoperto la politica e “venire nei calzini sporchi”, il cittadino™ Paolo Bernini illustra a un giornalista Rai come sia possibile, anche per una persona ipodotata, compiere azioni comuni, ad esempio impostare google come homepage o diventare parlamentare.